Articolo estratto dal libro "Liberi dal Sistema - La Guida per Cambiare il Mondo Partendo da Sè" di Enrico Caldari.
Lo scienziato e fisico serbo Nikola Tesla, nonostante sia poco noto «alle masse» (o comunque meno noto di altri), è stato sicuramente una delle più grandi menti del secolo scorso, come testimoniano le decine di scoperte che ancora oggi utilizziamo grazie a lui (e alle centinaia di brevetti che ha depositato).
Alla fine del diciannovesimo secolo Tesla emigrò negli Stati Uniti e si confrontò con alcuni dei magnati dell’industria dell’energia elettrica, tra cui Thomas Edison e il suo finanziatore, J. P. Morgan (di cui avevamo già sentito parlare nel capitolo sulla salute...).
Il fisico serbo cercava sostegno a una sua idea circa una nuova tecnologia per la distribuzione dell’energia elettrica. Tesla aveva scoperto la corrente alternata, quella che noi tutti oggi utilizziamo comunemente nelle nostre case, grazie alla quale non si sarebbe più dovuto costruire una centrale elettrica a carbone ogni pochi chilometri (cosa che stava accadendo negli Stati Uniti alla fine del diciannovesimo secolo).
Tesla ebbe l’opportunità di essere presentato a Thomas Edison (l’inventore della lampadina, come ce lo tramanda la storia), che all’epoca era il più grande imprenditore nel campo energetico nonché detentore di brevetti utilizzati a livello internazionale.
Il fisico serbo propose ai colleghi statunitensi di costruire una grande, unica centrale elettrica a energia pulita (che non «bruciasse» o «inquinasse» nulla) sulle cascate del Niagara, che convertisse l’enorme flusso d’acqua in corrente alternata, da distribuire in tutta l’America. Thomas Edison, intuendo che tutto ciò avrebbe ribaltato il suo «impero» fondato sulla più antiquata energia a corrente continua, il cui sfruttamento era suo appannaggio personale, rifiutò di collaborare con il fisico serbo.
Tesla tuttavia non si perse d’animo e propose la sua idea direttamente a J. P. Morgan. Il banchiere statunitense fiutò l’affare, e così finanziò e realizzò la centrale sul Niagara che è tutt’oggi funzionante e che per prima ha generato energia a corrente alternata. Oggi la corrente alternata è diventata il nostro standard, ma ai tempi si fece di tutto per escluderla dal mercato. Lo stesso Edison organizzò una conferenza stampa nel corso della quale dimostrò a giornalisti delle più importanti testate statunitensi che la corrente alternata poteva uccidere. Fece sedere una scimmia su una sedia elettrica, e la fece morire a causa delle scariche di corrente.
Ma, nonostante la «gogna mediatica», la tecnologia di Tesla ebbe la meglio. Egli era un genio inarrivabile, e presto ebbe un’altra grande intuizione, che avrebbe reso obsoleto anche il sistema di distribuzione dell’energia basato sulla corrente alternata. Lo scienzato serbo elaborò una teoria dinamica della gravità, secondo la quale la materia e ogni forma di energia derivano da un’unica matrice universale, l’energia del vuoto, che egli considerava come un serbatoio inesauribile di forza lavoro, pronta per essere utilizzata per ogni necessità umana. Tesla affermò di avere scoperto il modo di imbrigliare tale energia durante uno dei suoi esperimenti con le scariche elettriche dei condensatori (cosa che invece per Einstein e gli scienziati a lui contemporanei era impossibile).
Da qui, sempre grazie ai finanziamenti di J. P. Morgan, nel 1901 Tesla cominciò a costruire il primo grande impianto per la trasmissione di energia senza fili, basato su una rivoluzionaria tecnologia a energia pulsata e onde stazionarie terrestri. Il suo sogno, però, svanì appena due anni dopo, quando lo stesso J. P. Morgan si accorse che quel metodo di diffusione dell’energia avrebbe eliminato ogni sua forma di ricavo dal settore energetico: se la gente avesse potuto avere libero accesso all’energia semplicemente utilizzando un’antenna in casa, nessuno avrebbe più usufruito delle sue forniture di energia a corrente alternata.
E così il magnate statunitense bloccò immediatamente i finanziamenti allo scienziato, e con lui tutta l’elite finanziaria e le sue catene di giornali accusarono Tesla di essere diventato improvvisamente folle. Lo scienziato fu coperto di ridicolo e dimenticato. Qualche anno più tardi, Tesla venne trovato morto in una stanza d’albergo e gli agenti dell’FBI sequestrarono un TIR di materiale su cui venne apposto il segreto di Stato. Il capo della polizia federale, John Edgar Hoover, impose il silenzio sulla tecnologia di Tesla per motivi di sicurezza nazionale (o forse di interesse finanziario...).
Cosa ci dimostra l’esempio di Tesla? Ci dimostra che già da un secolo avremmo le conoscenze per accedere a fonti di energia gratuite ed ecologiche, ma questo si scontra con gli interessi di chi con la vendita di servizi (quali appunto la fornitura energetica) guadagna e ci controlla. Ed è la sete di guadagno e il desiderio di controllo che ci porta a parlare del prossimo argomento.
In un Sistema che, come ci ricordano i media ogni giorno, fa della «crescita dei consumi» (cioè, del «consumismo») il motore della propria sopravvivenza, il cliente deve essere portato a comprare non una volta, ma dieci, venti, cento volte. Per questo l’intero processo industriale è basato sul principio dell’obsolescenza programmata: sebbene sia possibile realizzare beni e oggetti praticamente indistruttibili, i produttori si autoimpongono standard per i quali un determinato oggetto non deve (ripeto: non deve) durare più di un certo periodo di tempo.
Vi sembra assurdo?
Il documentario spagnolo Comprar, Tirar, Comprar («comprare, buttare, comprare»), mandato in onda qualche anno fa da Televisiò de Catalunya, ci racconta come, dagli anni 1920, i fabbricanti cominciarono ad accorciare la vita dei propri prodotti per aumentare le vendite. I produttori stessi formarono corporazioni, e si consultavano per decidere il tempo massimo di durata di molti prodotti. Chi avrebbe commercializzato un prodotto più longevo del tempo stabilito avrebbe dovuto pagare una multa. Disegnatori e ingegneri si videro costretti ad adottare nuovi valori e obiettivi, con lo scopo di creare oggetti che avessero un «punto debole» e una durata definita.
Uno degli esempi citati dal documentario è quello delle lampadine, la cui vita utile fu volutamente limitata a un massimo di 1000 ore (sebbene fosse possibile già allora produrne di più longeve).
È lo stesso documentario a raccontarci la storia di quello che accadde:
«Il giorno di Natale del 1924 fu un giorno speciale: a Ginevra alcuni signori in giacca si riunirono e con un piano segreto crearono il primo cartello mondiale per controllare la produzione di lampadine e spartirsi il mercato mondiale. Essi crearono il “Cartello delle 1000 ore”, per ridurre tecnicamente la vita utile delle lampadine. Più di 80 anni dopo Helmut Hoge, uno storico di Berlino, scoprì prove dell’attività del cartello. Imprese come Philips in Olanda, Osram in Germania e Laparas Zeta in Spagna ne facevano parte. Un documento del cartello imponeva: “La vita media delle lampadine di illuminazione generica non deve essere garantita o offerta per altro valore che non sia 1000 ore”.
Messi sotto pressione dal cartello, i fabbricanti realizzarono esperimenti per creare una lampadina più fragile che rispondesse alle nuove norme. La fabbricazione era rigorosamente controllata per assicurarsi che si rispettasse la regola. I fabbricanti venivano multati severamente se si allontanavano dagli obiettivi stabiliti. Man mano che l’obsolescenza programmata [così si chiama questo stratagemma, N.d.A.] si impose, la vita utile iniziò a diminuire. In soli due anni passò da 2500 ore a meno di 1500 ore. Negli anni 1940 il cartello aveva già raggiunto il suo obiettivo: una lampadina standard durava 1000 ore.
Nei decenni seguenti si brevettarono dozzine di nuove lampadine, anche una che durava 100000 ore, però nessuna arrivò a commercializzarsi. Ufficialmente il "Cartello delle 1000 ore" non è mai esistito, però le sue tracce non sono mai scomparse. La sua strategia era continuare a cambiare nome. Si chiamò “Cartello Internazionale di Elettricità”, poi continuarono a cambiarlo. Ma quel che conta è che quell’idea come istituzione continuò a esistere.» E non solo per le lampadine, ma in ogni tipologia di prodotto di consumo che siamo "costretti" a comprare e buttare, comprare e buttare, comprare e buttare…
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Lo scienziato e fisico serbo Nikola Tesla, nonostante sia poco noto «alle masse» (o comunque meno noto di altri), è stato sicuramente una delle più grandi menti del secolo scorso, come testimoniano le decine di scoperte che ancora oggi utilizziamo grazie a lui (e alle centinaia di brevetti che ha depositato).
Alla fine del diciannovesimo secolo Tesla emigrò negli Stati Uniti e si confrontò con alcuni dei magnati dell’industria dell’energia elettrica, tra cui Thomas Edison e il suo finanziatore, J. P. Morgan (di cui avevamo già sentito parlare nel capitolo sulla salute...).
Il fisico serbo cercava sostegno a una sua idea circa una nuova tecnologia per la distribuzione dell’energia elettrica. Tesla aveva scoperto la corrente alternata, quella che noi tutti oggi utilizziamo comunemente nelle nostre case, grazie alla quale non si sarebbe più dovuto costruire una centrale elettrica a carbone ogni pochi chilometri (cosa che stava accadendo negli Stati Uniti alla fine del diciannovesimo secolo).
Tesla ebbe l’opportunità di essere presentato a Thomas Edison (l’inventore della lampadina, come ce lo tramanda la storia), che all’epoca era il più grande imprenditore nel campo energetico nonché detentore di brevetti utilizzati a livello internazionale.
Il fisico serbo propose ai colleghi statunitensi di costruire una grande, unica centrale elettrica a energia pulita (che non «bruciasse» o «inquinasse» nulla) sulle cascate del Niagara, che convertisse l’enorme flusso d’acqua in corrente alternata, da distribuire in tutta l’America. Thomas Edison, intuendo che tutto ciò avrebbe ribaltato il suo «impero» fondato sulla più antiquata energia a corrente continua, il cui sfruttamento era suo appannaggio personale, rifiutò di collaborare con il fisico serbo.
Tesla tuttavia non si perse d’animo e propose la sua idea direttamente a J. P. Morgan. Il banchiere statunitense fiutò l’affare, e così finanziò e realizzò la centrale sul Niagara che è tutt’oggi funzionante e che per prima ha generato energia a corrente alternata. Oggi la corrente alternata è diventata il nostro standard, ma ai tempi si fece di tutto per escluderla dal mercato. Lo stesso Edison organizzò una conferenza stampa nel corso della quale dimostrò a giornalisti delle più importanti testate statunitensi che la corrente alternata poteva uccidere. Fece sedere una scimmia su una sedia elettrica, e la fece morire a causa delle scariche di corrente.
Ma, nonostante la «gogna mediatica», la tecnologia di Tesla ebbe la meglio. Egli era un genio inarrivabile, e presto ebbe un’altra grande intuizione, che avrebbe reso obsoleto anche il sistema di distribuzione dell’energia basato sulla corrente alternata. Lo scienzato serbo elaborò una teoria dinamica della gravità, secondo la quale la materia e ogni forma di energia derivano da un’unica matrice universale, l’energia del vuoto, che egli considerava come un serbatoio inesauribile di forza lavoro, pronta per essere utilizzata per ogni necessità umana. Tesla affermò di avere scoperto il modo di imbrigliare tale energia durante uno dei suoi esperimenti con le scariche elettriche dei condensatori (cosa che invece per Einstein e gli scienziati a lui contemporanei era impossibile).
Da qui, sempre grazie ai finanziamenti di J. P. Morgan, nel 1901 Tesla cominciò a costruire il primo grande impianto per la trasmissione di energia senza fili, basato su una rivoluzionaria tecnologia a energia pulsata e onde stazionarie terrestri. Il suo sogno, però, svanì appena due anni dopo, quando lo stesso J. P. Morgan si accorse che quel metodo di diffusione dell’energia avrebbe eliminato ogni sua forma di ricavo dal settore energetico: se la gente avesse potuto avere libero accesso all’energia semplicemente utilizzando un’antenna in casa, nessuno avrebbe più usufruito delle sue forniture di energia a corrente alternata.
E così il magnate statunitense bloccò immediatamente i finanziamenti allo scienziato, e con lui tutta l’elite finanziaria e le sue catene di giornali accusarono Tesla di essere diventato improvvisamente folle. Lo scienziato fu coperto di ridicolo e dimenticato. Qualche anno più tardi, Tesla venne trovato morto in una stanza d’albergo e gli agenti dell’FBI sequestrarono un TIR di materiale su cui venne apposto il segreto di Stato. Il capo della polizia federale, John Edgar Hoover, impose il silenzio sulla tecnologia di Tesla per motivi di sicurezza nazionale (o forse di interesse finanziario...).
Cosa ci dimostra l’esempio di Tesla? Ci dimostra che già da un secolo avremmo le conoscenze per accedere a fonti di energia gratuite ed ecologiche, ma questo si scontra con gli interessi di chi con la vendita di servizi (quali appunto la fornitura energetica) guadagna e ci controlla. Ed è la sete di guadagno e il desiderio di controllo che ci porta a parlare del prossimo argomento.
In un Sistema che, come ci ricordano i media ogni giorno, fa della «crescita dei consumi» (cioè, del «consumismo») il motore della propria sopravvivenza, il cliente deve essere portato a comprare non una volta, ma dieci, venti, cento volte. Per questo l’intero processo industriale è basato sul principio dell’obsolescenza programmata: sebbene sia possibile realizzare beni e oggetti praticamente indistruttibili, i produttori si autoimpongono standard per i quali un determinato oggetto non deve (ripeto: non deve) durare più di un certo periodo di tempo.
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Il documentario spagnolo Comprar, Tirar, Comprar («comprare, buttare, comprare»), mandato in onda qualche anno fa da Televisiò de Catalunya, ci racconta come, dagli anni 1920, i fabbricanti cominciarono ad accorciare la vita dei propri prodotti per aumentare le vendite. I produttori stessi formarono corporazioni, e si consultavano per decidere il tempo massimo di durata di molti prodotti. Chi avrebbe commercializzato un prodotto più longevo del tempo stabilito avrebbe dovuto pagare una multa. Disegnatori e ingegneri si videro costretti ad adottare nuovi valori e obiettivi, con lo scopo di creare oggetti che avessero un «punto debole» e una durata definita.
Uno degli esempi citati dal documentario è quello delle lampadine, la cui vita utile fu volutamente limitata a un massimo di 1000 ore (sebbene fosse possibile già allora produrne di più longeve).
È lo stesso documentario a raccontarci la storia di quello che accadde:
«Il giorno di Natale del 1924 fu un giorno speciale: a Ginevra alcuni signori in giacca si riunirono e con un piano segreto crearono il primo cartello mondiale per controllare la produzione di lampadine e spartirsi il mercato mondiale. Essi crearono il “Cartello delle 1000 ore”, per ridurre tecnicamente la vita utile delle lampadine. Più di 80 anni dopo Helmut Hoge, uno storico di Berlino, scoprì prove dell’attività del cartello. Imprese come Philips in Olanda, Osram in Germania e Laparas Zeta in Spagna ne facevano parte. Un documento del cartello imponeva: “La vita media delle lampadine di illuminazione generica non deve essere garantita o offerta per altro valore che non sia 1000 ore”.
Messi sotto pressione dal cartello, i fabbricanti realizzarono esperimenti per creare una lampadina più fragile che rispondesse alle nuove norme. La fabbricazione era rigorosamente controllata per assicurarsi che si rispettasse la regola. I fabbricanti venivano multati severamente se si allontanavano dagli obiettivi stabiliti. Man mano che l’obsolescenza programmata [così si chiama questo stratagemma, N.d.A.] si impose, la vita utile iniziò a diminuire. In soli due anni passò da 2500 ore a meno di 1500 ore. Negli anni 1940 il cartello aveva già raggiunto il suo obiettivo: una lampadina standard durava 1000 ore.
Nei decenni seguenti si brevettarono dozzine di nuove lampadine, anche una che durava 100000 ore, però nessuna arrivò a commercializzarsi. Ufficialmente il "Cartello delle 1000 ore" non è mai esistito, però le sue tracce non sono mai scomparse. La sua strategia era continuare a cambiare nome. Si chiamò “Cartello Internazionale di Elettricità”, poi continuarono a cambiarlo. Ma quel che conta è che quell’idea come istituzione continuò a esistere.» E non solo per le lampadine, ma in ogni tipologia di prodotto di consumo che siamo "costretti" a comprare e buttare, comprare e buttare, comprare e buttare…
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