Articolo estratto dal libro "Liberi dal Sistema - La Guida per Cambiare il Mondo Partendo da Sè" di Enrico Caldari.
L’11 settembre è una data importante per me. Prima di tutto perché è il mio compleanno, la data in cui ho sempre festeggiato spensieratamente la fine dell’estate e l’incedere degli anni insieme ai miei cari. Almeno fino al 2001.
Quell’anno lavoravo da pochi mesi per un’azienda che si occupa di web monitoring (monitoraggio di media online) e stavo scartando dei pasticcini da offrire ai colleghi, quando uno dei net clipper della redazione (letteralmente: «ritagliatori di articoli online») corse da noi trafelato, ripetendo ad alta voce: «È giù il sito della CNN! È giù il sito della CNN! Dev’essere successo qualcosa di grosso...». Solo qualche minuto dopo capimmo che i server del sito della più importante news tv del mondo erano stati mandati in tilt da milioni di utenti collegati insieme, per seguire in diretta quanto stava accadendo: un aereo aveva colpito una delle due torri gemelle del World Trade Center di New York. Noi tutti corremmo al bar più vicino – in ufficio non c’erano tv – per seguire quell’incredibile evento, col fiato sospeso. Qualche minuto dopo un secondo aereo colpì la seconda torre, e tutti noi, insieme a milioni di persone in tutto il mondo, ne fummo testimoni oculari.
Tutte le tv del mondo stavano trasmettendo esattamente lo stesso video, con la stessa inquadratura, nello stesso momento. Le torri e gli edifici limitrofi (tutti quelli facenti parte del complesso denominato «WTC», sette edifici in totale) collassarono su se stessi di lì a breve. L’ultimo di essi, il WTC7, crollò nel pomeriggio inoltrato, diverse ore dopo il primo crash. Notizie giunsero anche in merito a un terzo Boeing dirottato dai terroristi che avrebbe colpito la facciata del Pentagono, il centro nevralgico dell’Intelligence statunitense nella città di Washington, senza che neanche in quel caso la potente contraerea degli Stati Uniti fosse riuscita a far nulla. Tra gli effetti di tutto ciò, oltre a un crollo tremendo di tutte le borse e dei mercati, ci fu un’escalation di paura e controlli in tutto il mondo, con l’adozione di misure straordinarie antiterrorismo, incluse nuove leggi – alcune delle quali in aperta violazione della privacy e dei diritti umani dei cittadini – per la prevenzione di futuri «attacchi».
Da allora molti anni sono passati e tanti dubbi sono emersi su quegli eventi. Centinaia di libri e documentari sono stati prodotti, molti dei quali mettono in discussione la versione «ufficiale» su quanto sia successo quel giorno. Su vari fronti, esperti indipendenti si sono schierati apertamente contro la commissione ufficiale che tentò di «spiegare» il crollo delle due torri (e degli edifici limitrofi).
Un anziano e barbuto latitante fu accusato fin da subito di avere architettato e coordinato il più terribile attentato terroristico della storia dell’umanità da una lontana caverna dell’Afghanistan.
Richard Gage, fondatore e presidente dell’associazione «Architetti e ingegneri per la verità sull’11 settembre», è stato invitato di recente da una importante trasmissione televisiva statunitense per sostenere quanto lui e oltre 2000 professionisti indipendenti in tutto il mondo hanno sottoscritto: non è possibile che un aereo faccia crollare una torre costruita proprio per resistere a incendi e terremoti, e anche a disastri aerei di quel genere. E poi che possa farlo allo stesso modo un secondo aereo pochi minuti dopo. E tantomeno questo possa causare il collasso «selettivo» di edifici limitrofi (cioè il crollo circostanziato di alcuni edifici vicini e non di altri), addirittura molte ore dopo il primo impatto, come nel caso del WTC7. E che questo sia avvenuto con «collassi» durati solo pochi secondi (meno di 10 secondi), che sfidano le leggi della gravità e di caduta dei gravi. Ne va della professionalità e credibilità di un’intera categoria (quella degli architetti e degli ingegneri civili, appunto), offesa dalle valutazioni lacunose della commissione.
La Pancakes Theory, utilizzata dalla commissione ufficiale per spiegare il crollo delle due torri, viene quindi duramente criticata: il kerosene contenuto in un Boeing non sarebbe stato sufficiente a creare il calore necessario a «sciogliere» le strutture in acciaio dell’edificio, e non è possibile che il crollo di un piano sull’altro (uno dopo l’altro, come una pila di pancakes, appunto) sia avvenuto in così pochi secondi, come se l’ultimo piano arrivasse a terra «cadendo nel vuoto», senza subire alcun rallentamento dall’impatto coi piani sottostanti. Qualche altra tecnologia dev’essere stata utilizzata per far crollare così rapidamente le due torri e gli edifici limitrofi, in quelle che – a detta degli esperti indipendenti – sembrano più «demolizioni controllate» che crolli dovuti all’impatto di uno o più aerei, o agli incendi conseguenti.
Alla luce di quanto sopra, e a prescindere dal fatto che il mandante di queste «demolizioni controllate» possa essere stato veramente un terrorista afghano, certo occorre farsi più domande di quelle che si sono posti i giornalisti che hanno riportato l’evento sui media di tutto il mondo, imbeccati in merito dalle «versioni ufficiali». Alcuni analisti indipendenti hanno addirittura messo in dubbio l’autenticità dei video presentati durante la diretta (in particolare uno stesso video trasmesso identico da tutte le tv) in cui il secondo crash aereo sembrerebbe un montaggio, frutto di una sovrimpressione preparata ad hoc, come dimostrato da alcune imperfezioni che un esperto di video-editing avrebbe facilmente individuato.
Ma non è finita qui.
La più incredibile scoperta in merito all’11 settembre che mi sia capitato di fare – stimolato nella ricerca da questo mio legame «di nascita» coi tragici eventi segnati da questa data – è stata una «pesante» e approfondita indagine investigativa, supportata da centinaia di prove, video, foto, grafici e rilevazioni scientifiche, raccolte in un volume di oltre 500 pagine intitolato Where Did the Towers Go? Evidence of Direct Free-Energy Technology on 9/11 («Dove sono finite le torri? Prove dell’utilizzo di Free-Energy Direzionale sull’11/9»). Il testo è frutto di un’indagine forense condotta dalla dottoressa Judy Wood, ricercatrice universitaria Ph.D., che ne ha anche fatto oggetto di una denuncia legale allo Stato di New York. Riguardo alle proprie competenze in materia, Wood scrive: «L’oggetto principale delle mie ricerche è sempre stato nel campo della “fotomeccanica”, che prevede l’uso di immagini per determinare le caratteristiche dei materiali [...]. Per questo è assolutamente naturale per me vedere anomalie nel comportamento dei materiali guardandone immagini fotografiche [...]. Mi è capitato a volte di incontrare fenomeni inaspettati che si sono presentati a me come rompicapo. E risolverli mi ha fornito un’ampia esperienza sulle caratteristiche anomale dei materiali e sull’interferenza dei campi elettromagnetici.» Le anomalie riscontrate da Wood nell’analisi dei video, delle immagini e dei dati riguardanti il crollo degli edifici del World Trade Center formano una lista abbastanza impressionante, che neanche una demolizione controllata (con esplosivi militari o con piccoli ordigni nucleari) potrebbe spiegare.
Scioglimento di travi d’acciaio e strani fuochi senza alcuna emissione di calore; ribaltamento e strani danneggiamenti di oggetti pesanti (incluse auto «tostate» nei parcheggi limitrofi al WTC); incredibile assenza di detriti in corrispondenza degli edifici crollati (da cui la domanda «Dove sono finite le torri?») e invece presenza di enormi nubi di polvere finissima, durate per settimane (da cui il termine «polverizzazione», usato al posto di «crollo»); nessun rumore tipico di crolli del genere percepito dai testimoni sul luogo; dati sismici della zonache non riportano scosse sufficientemente forti o lunghe in corrispondenza dei crolli; centinaia di inspiegabili «jumpers», persone saltate nel vuoto dagli edifici, anche dai piani più alti e non incendiati, senza alcun motivo apparente; mancanza di danni rilevanti ai piani sotterranei e alla «vasca» che contiene il WTC e lo protegge dalle acque dell’Hudson River; mancanza di danni alle linee della metro che passavano proprio sotto le due torri; mancanza di danni agli edifici «al di là della strada» rispetto a quelli crollati; presenza incredibile di sopravvissuti in aree isolate ai piani più bassi delle due torri, che sarebbero dovuti rimanere schiacciati dal crollo di 110 piani sopra le loro teste... e così via.
La lista è davvero lunga e supportata da dati e prove scientifiche. Secondo Wood una qualche forma di energia diversa da quelle «convenzionali» è stata utilizzata per la demolizione degli edifici del WTC, una forma di energia «direzionale», una sorta di «campo di forza concentrato», capace di sciogliere e polverizzare in maniera localizzata quanto presente in una determinata area (cemento, acciaio, persone) e lasciare completamente intatto tutto quanto era nelle immediate vicinanze e al di sotto degli «obiettivi».
Si tratterebbe quindi di una «Nuova Hiroshima», in cui sarebbe stata dimostrata al mondo intero la capacità di controllare una nuova forma di energia a scopi «terroristici» (o «militari»). Come durante la seconda guerra mondiale era accaduto con la fissione nucleare – poi utilizzata anche a scopi civili per la produzione di energia elettrica – ora una nuova forma di energia sarebbe stata svelata al mondo intero. E secondo Wood essa potrebbe avere a che vedere con gli studi più avanzati di Nikola Tesla – bloccati da J. P. Morgan per i motivi che abbiamo visto – probabilmente portati avanti in segreto da altri dopo la sua morte (e sappiamo che lo stesso Tesla collaborò coi militari prima di morire, non avendo altre forme di sostentamento, convinto da essi a sfruttare il suo genio proprio per ideare il cosiddetto «raggio della morte»).
È indubbio che tanti scienziati indipendenti si siano misurati finora con le cosiddette tecnologie «Free Energy», ed esistono serie possibilità che – tra le migliaia di fallimenti e bufale circolanti – qualcuno di essi sia davvero riuscito a ottenere energia pulita e libera da fonti innovative, a basso impatto e a basso costo (fusione fredda, energia del vuoto, elettromagnetismo, motori magnetici o gravitazionali, o chissà cos’altro), capaci di risolvere la dipendenza dell’umanità dalle fonti fossili, come anche di essere trasformate in potenti armi di distruzione. Come già accennato in precedenza, la scelta di chi dovesse ottenere questo grande risultato sembrerebbe oggi ristretta a due possibilità: brevettare la propria scoperta per metterla sul mercato (rischiando di essere «convocato» dai militari, «comprato» dalle lobby del settore, o fatto «sparire», come successo ad esempio a Tesla, Reich, Majorana e Mallove); oppure tenerla ben nascosta nel «garage di casa», evitando di sfruttarla commercialmente e di esporsi troppo per non subirne le conseguenze.
Come hanno fatto ad esempio Ighina, il quale non brevettò mai le sue scoperte, morendo quindi tranquillo e ignorato nella sua casa di Imola, e l’eccentrico ricercatore canadese John Hutchison, tirato in ballo da Wood insieme a Tesla per spiegare alcune anomalie riscontrate l’11 settembre, e che pare sopravviva vendendo su Internet strani oggetti «fusi» durante i suoi esperimenti...
Forse mi sarò dilungato a rincorrere bizzarre «teorie del complotto» (così definite dalle solite scimmie rosse, storicamente imbeccate dalla CIA...), ma ciò che credo con fermezza è che, grazie alle scoperte scientifiche che sono sul punto di emergere nell’ambito dell’energia e del suo sfruttamento, è certo che l’umanità si trovi a un punto di svolta, in cui – usando le parole di Wood al termine della sua indagine – «controllare l’energia, in base al tipo di energia, può distruggere o salvare il pianeta. Ora abbiamo una scelta. E la scelta è reale. Possiamo vivere felicemente nella prosperità, oppure distruggere il pianeta e morire, insieme a ogni essere vivente che lo abita.»
Per questo oggi più che mai è fondamentale che ognuno di noi, a partire dalla propria vita quotidiana, faccia scelte consapevoli anche in merito all’energia che utilizza.
L’11 settembre è una data importante per me. Prima di tutto perché è il mio compleanno, la data in cui ho sempre festeggiato spensieratamente la fine dell’estate e l’incedere degli anni insieme ai miei cari. Almeno fino al 2001.
Quell’anno lavoravo da pochi mesi per un’azienda che si occupa di web monitoring (monitoraggio di media online) e stavo scartando dei pasticcini da offrire ai colleghi, quando uno dei net clipper della redazione (letteralmente: «ritagliatori di articoli online») corse da noi trafelato, ripetendo ad alta voce: «È giù il sito della CNN! È giù il sito della CNN! Dev’essere successo qualcosa di grosso...». Solo qualche minuto dopo capimmo che i server del sito della più importante news tv del mondo erano stati mandati in tilt da milioni di utenti collegati insieme, per seguire in diretta quanto stava accadendo: un aereo aveva colpito una delle due torri gemelle del World Trade Center di New York. Noi tutti corremmo al bar più vicino – in ufficio non c’erano tv – per seguire quell’incredibile evento, col fiato sospeso. Qualche minuto dopo un secondo aereo colpì la seconda torre, e tutti noi, insieme a milioni di persone in tutto il mondo, ne fummo testimoni oculari.
Tutte le tv del mondo stavano trasmettendo esattamente lo stesso video, con la stessa inquadratura, nello stesso momento. Le torri e gli edifici limitrofi (tutti quelli facenti parte del complesso denominato «WTC», sette edifici in totale) collassarono su se stessi di lì a breve. L’ultimo di essi, il WTC7, crollò nel pomeriggio inoltrato, diverse ore dopo il primo crash. Notizie giunsero anche in merito a un terzo Boeing dirottato dai terroristi che avrebbe colpito la facciata del Pentagono, il centro nevralgico dell’Intelligence statunitense nella città di Washington, senza che neanche in quel caso la potente contraerea degli Stati Uniti fosse riuscita a far nulla. Tra gli effetti di tutto ciò, oltre a un crollo tremendo di tutte le borse e dei mercati, ci fu un’escalation di paura e controlli in tutto il mondo, con l’adozione di misure straordinarie antiterrorismo, incluse nuove leggi – alcune delle quali in aperta violazione della privacy e dei diritti umani dei cittadini – per la prevenzione di futuri «attacchi».
Da allora molti anni sono passati e tanti dubbi sono emersi su quegli eventi. Centinaia di libri e documentari sono stati prodotti, molti dei quali mettono in discussione la versione «ufficiale» su quanto sia successo quel giorno. Su vari fronti, esperti indipendenti si sono schierati apertamente contro la commissione ufficiale che tentò di «spiegare» il crollo delle due torri (e degli edifici limitrofi).
Un anziano e barbuto latitante fu accusato fin da subito di avere architettato e coordinato il più terribile attentato terroristico della storia dell’umanità da una lontana caverna dell’Afghanistan.
Richard Gage, fondatore e presidente dell’associazione «Architetti e ingegneri per la verità sull’11 settembre», è stato invitato di recente da una importante trasmissione televisiva statunitense per sostenere quanto lui e oltre 2000 professionisti indipendenti in tutto il mondo hanno sottoscritto: non è possibile che un aereo faccia crollare una torre costruita proprio per resistere a incendi e terremoti, e anche a disastri aerei di quel genere. E poi che possa farlo allo stesso modo un secondo aereo pochi minuti dopo. E tantomeno questo possa causare il collasso «selettivo» di edifici limitrofi (cioè il crollo circostanziato di alcuni edifici vicini e non di altri), addirittura molte ore dopo il primo impatto, come nel caso del WTC7. E che questo sia avvenuto con «collassi» durati solo pochi secondi (meno di 10 secondi), che sfidano le leggi della gravità e di caduta dei gravi. Ne va della professionalità e credibilità di un’intera categoria (quella degli architetti e degli ingegneri civili, appunto), offesa dalle valutazioni lacunose della commissione.
La Pancakes Theory, utilizzata dalla commissione ufficiale per spiegare il crollo delle due torri, viene quindi duramente criticata: il kerosene contenuto in un Boeing non sarebbe stato sufficiente a creare il calore necessario a «sciogliere» le strutture in acciaio dell’edificio, e non è possibile che il crollo di un piano sull’altro (uno dopo l’altro, come una pila di pancakes, appunto) sia avvenuto in così pochi secondi, come se l’ultimo piano arrivasse a terra «cadendo nel vuoto», senza subire alcun rallentamento dall’impatto coi piani sottostanti. Qualche altra tecnologia dev’essere stata utilizzata per far crollare così rapidamente le due torri e gli edifici limitrofi, in quelle che – a detta degli esperti indipendenti – sembrano più «demolizioni controllate» che crolli dovuti all’impatto di uno o più aerei, o agli incendi conseguenti.
Alla luce di quanto sopra, e a prescindere dal fatto che il mandante di queste «demolizioni controllate» possa essere stato veramente un terrorista afghano, certo occorre farsi più domande di quelle che si sono posti i giornalisti che hanno riportato l’evento sui media di tutto il mondo, imbeccati in merito dalle «versioni ufficiali». Alcuni analisti indipendenti hanno addirittura messo in dubbio l’autenticità dei video presentati durante la diretta (in particolare uno stesso video trasmesso identico da tutte le tv) in cui il secondo crash aereo sembrerebbe un montaggio, frutto di una sovrimpressione preparata ad hoc, come dimostrato da alcune imperfezioni che un esperto di video-editing avrebbe facilmente individuato.
Ma non è finita qui.
La più incredibile scoperta in merito all’11 settembre che mi sia capitato di fare – stimolato nella ricerca da questo mio legame «di nascita» coi tragici eventi segnati da questa data – è stata una «pesante» e approfondita indagine investigativa, supportata da centinaia di prove, video, foto, grafici e rilevazioni scientifiche, raccolte in un volume di oltre 500 pagine intitolato Where Did the Towers Go? Evidence of Direct Free-Energy Technology on 9/11 («Dove sono finite le torri? Prove dell’utilizzo di Free-Energy Direzionale sull’11/9»). Il testo è frutto di un’indagine forense condotta dalla dottoressa Judy Wood, ricercatrice universitaria Ph.D., che ne ha anche fatto oggetto di una denuncia legale allo Stato di New York. Riguardo alle proprie competenze in materia, Wood scrive: «L’oggetto principale delle mie ricerche è sempre stato nel campo della “fotomeccanica”, che prevede l’uso di immagini per determinare le caratteristiche dei materiali [...]. Per questo è assolutamente naturale per me vedere anomalie nel comportamento dei materiali guardandone immagini fotografiche [...]. Mi è capitato a volte di incontrare fenomeni inaspettati che si sono presentati a me come rompicapo. E risolverli mi ha fornito un’ampia esperienza sulle caratteristiche anomale dei materiali e sull’interferenza dei campi elettromagnetici.» Le anomalie riscontrate da Wood nell’analisi dei video, delle immagini e dei dati riguardanti il crollo degli edifici del World Trade Center formano una lista abbastanza impressionante, che neanche una demolizione controllata (con esplosivi militari o con piccoli ordigni nucleari) potrebbe spiegare.
Scioglimento di travi d’acciaio e strani fuochi senza alcuna emissione di calore; ribaltamento e strani danneggiamenti di oggetti pesanti (incluse auto «tostate» nei parcheggi limitrofi al WTC); incredibile assenza di detriti in corrispondenza degli edifici crollati (da cui la domanda «Dove sono finite le torri?») e invece presenza di enormi nubi di polvere finissima, durate per settimane (da cui il termine «polverizzazione», usato al posto di «crollo»); nessun rumore tipico di crolli del genere percepito dai testimoni sul luogo; dati sismici della zonache non riportano scosse sufficientemente forti o lunghe in corrispondenza dei crolli; centinaia di inspiegabili «jumpers», persone saltate nel vuoto dagli edifici, anche dai piani più alti e non incendiati, senza alcun motivo apparente; mancanza di danni rilevanti ai piani sotterranei e alla «vasca» che contiene il WTC e lo protegge dalle acque dell’Hudson River; mancanza di danni alle linee della metro che passavano proprio sotto le due torri; mancanza di danni agli edifici «al di là della strada» rispetto a quelli crollati; presenza incredibile di sopravvissuti in aree isolate ai piani più bassi delle due torri, che sarebbero dovuti rimanere schiacciati dal crollo di 110 piani sopra le loro teste... e così via.
La lista è davvero lunga e supportata da dati e prove scientifiche. Secondo Wood una qualche forma di energia diversa da quelle «convenzionali» è stata utilizzata per la demolizione degli edifici del WTC, una forma di energia «direzionale», una sorta di «campo di forza concentrato», capace di sciogliere e polverizzare in maniera localizzata quanto presente in una determinata area (cemento, acciaio, persone) e lasciare completamente intatto tutto quanto era nelle immediate vicinanze e al di sotto degli «obiettivi».
Si tratterebbe quindi di una «Nuova Hiroshima», in cui sarebbe stata dimostrata al mondo intero la capacità di controllare una nuova forma di energia a scopi «terroristici» (o «militari»). Come durante la seconda guerra mondiale era accaduto con la fissione nucleare – poi utilizzata anche a scopi civili per la produzione di energia elettrica – ora una nuova forma di energia sarebbe stata svelata al mondo intero. E secondo Wood essa potrebbe avere a che vedere con gli studi più avanzati di Nikola Tesla – bloccati da J. P. Morgan per i motivi che abbiamo visto – probabilmente portati avanti in segreto da altri dopo la sua morte (e sappiamo che lo stesso Tesla collaborò coi militari prima di morire, non avendo altre forme di sostentamento, convinto da essi a sfruttare il suo genio proprio per ideare il cosiddetto «raggio della morte»).
È indubbio che tanti scienziati indipendenti si siano misurati finora con le cosiddette tecnologie «Free Energy», ed esistono serie possibilità che – tra le migliaia di fallimenti e bufale circolanti – qualcuno di essi sia davvero riuscito a ottenere energia pulita e libera da fonti innovative, a basso impatto e a basso costo (fusione fredda, energia del vuoto, elettromagnetismo, motori magnetici o gravitazionali, o chissà cos’altro), capaci di risolvere la dipendenza dell’umanità dalle fonti fossili, come anche di essere trasformate in potenti armi di distruzione. Come già accennato in precedenza, la scelta di chi dovesse ottenere questo grande risultato sembrerebbe oggi ristretta a due possibilità: brevettare la propria scoperta per metterla sul mercato (rischiando di essere «convocato» dai militari, «comprato» dalle lobby del settore, o fatto «sparire», come successo ad esempio a Tesla, Reich, Majorana e Mallove); oppure tenerla ben nascosta nel «garage di casa», evitando di sfruttarla commercialmente e di esporsi troppo per non subirne le conseguenze.
Come hanno fatto ad esempio Ighina, il quale non brevettò mai le sue scoperte, morendo quindi tranquillo e ignorato nella sua casa di Imola, e l’eccentrico ricercatore canadese John Hutchison, tirato in ballo da Wood insieme a Tesla per spiegare alcune anomalie riscontrate l’11 settembre, e che pare sopravviva vendendo su Internet strani oggetti «fusi» durante i suoi esperimenti...
Forse mi sarò dilungato a rincorrere bizzarre «teorie del complotto» (così definite dalle solite scimmie rosse, storicamente imbeccate dalla CIA...), ma ciò che credo con fermezza è che, grazie alle scoperte scientifiche che sono sul punto di emergere nell’ambito dell’energia e del suo sfruttamento, è certo che l’umanità si trovi a un punto di svolta, in cui – usando le parole di Wood al termine della sua indagine – «controllare l’energia, in base al tipo di energia, può distruggere o salvare il pianeta. Ora abbiamo una scelta. E la scelta è reale. Possiamo vivere felicemente nella prosperità, oppure distruggere il pianeta e morire, insieme a ogni essere vivente che lo abita.»
Per questo oggi più che mai è fondamentale che ognuno di noi, a partire dalla propria vita quotidiana, faccia scelte consapevoli anche in merito all’energia che utilizza.
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