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giovedì 12 febbraio 2015

STUDIO INGLESE: I COMPLOTTISTI SONO I PIU’ “SANI” (MA LA CIA NON VUOL CHE SI SAPPIA…)

Articolo estratto dal libro "Liberi dal Sistema - La Guida per Cambiare il Mondo Partendo da Sèdi Enrico Caldari.

Come disse Bob Kennedy, un grande politico, «Pochi uomini sono disposti ad affrontare la disapprovazione dei loro compagni, la censura dei loro colleghi, l’ira della loro società. Il coraggio morale è una merce più rara del coraggio in battaglia o di una grande intelligenza. Eppure è una imprescindibile, vitale qualità per coloro che cercano di cambiare un mondo che merita di cambiare». Anche Gandhi la pensava allo stesso modo: «Molte persone, specialmente quelle che la ignorano, ti vorranno punire per aver detto la verità, per essere stato coerente e per essere te stesso. Non scusarti mai per essere stato coerente o per essere anni avanti al tuo tempo. Se sei nel giusto e se lo senti, parla liberamente. Dì quello che pensi. Anche se sei l’unico rappresentante di una minoranza, la verità è comunque la verità».

http://www.liberidalsistema.com/
 Quindi siate coraggiosi e non affidatevi ai giudizi altrui, a maggior ragione se sono quelli più diffusi e comuni, e ancora meno se sono vuote accuse di «complottismo», «cialtroneria» o «ciarlataneria» (queste a volte sono addirittura un buon segno!).

Arthur Schopenhauer, filosofo che in molti come me ricordano per averlo studiato al liceo, ha scritto: «Tutte le verità passano attraverso tre fasi. Primo, vengono ridicolizzate. Secondo, vengono violentemente contrastate. Terzo, vengono accettette come evidenti», ossia, come se fossero sempre state chiare a tutti.

Uno studio scientifico pubblicato nel 2013, elaborato da Michael J. Wood e Karen M. Douglas, due psicologi e ricercatori dell’Università di Kent (Regno Unito), suggerisce che lo stereotipo negativo del «complottista» – un fanatico ostile che sostiene con piglio ideologico le versioni ipotizzate dalla propria «setta» di appartenenza – in realtà descriva accuratamente le persone che difendono le versioni ufficiali, non quelle che le contestano. Lo studio intitolato What about building 7? A social psychological study of online discussion of 9/11 conspiracy theories («Cosa ne pensate dell’edificio 7? Uno studio psicologico sociale sulle discussioni online riguardo le teorie del complotto sull’11 settembre»), condotto su migliaia di commenti raccolti online dai due ricercatori, pare dimostrare che siano i soggetti che supportano la versione ufficiale dei fatti dell’11 settembre 2001 – e non i cosiddetti «complottisti» – a esprimersi generalmente in modo più ostile, nel tentativo di persuadere chi la pensa in modo diverso da loro.

E sono invece gli altri – i «complottisti» – ad avere un atteggiamento più sano e aperto, più razionale, non «paranoico» né «manipolabile», in merito ai fatti discussi. E sono anche molto più numerosi: coloro che non credono alle versioni ufficiali di eventi come l’11 settembre e l’omicidio del presidente statunitense John Fitzgerald Kennedy sono risultati essere più del doppio rispetto a quelli che credono alle versioni ufficiali. Il che significa che si è ormai invertito il rapporto, e che la saggezza popolare oggi è espressa proprio dai cosiddetti «complottisti», mentre le persone che non credono alle «cospirazioni» stanno diventando una sparuta minoranza.

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Altri recenti sondaggi confermano che più dell’80% della popolazione statunitense non crede alla versione ufficiale sull’11 settembre! E a tutti questi non piace affatto essere definiti «complottisti». È ormai noto infatti che le espressioni «complottista» e «teoria del complotto» furono create proprio con «l’obiettivo di rendere chi non credesse alle versioni ufficiali oggetto di scherno e ostilità da parte del resto della collettività, e bisogna ammettere – purtroppo – che si sia rivelata una delle iniziative di propaganda di maggior successo di tutti i tempi», sono le parole del professor Lance DeHavenSmith nel suo libro Conspiracy Theory in America («Teorie del complotto in America»). Ma da chi vennero coniate quelle espressioni? Il politologo americano ci dice che furono coniate e ampiamente diffuse dalla CIA – i servizi segreti statunitensi – per diffamare coloro i quali sollevavano dubbi sulla versione ufficiale dell’assassinio di JFK. Ed evidentemente sono poi tornate loro spesso utili… 

Tanto per fare un altro esempio, è stato confermato che i servizi segreti statunitensi sono stati complici anche dell’omicidio di Martin Luther King, con una sentenza unanime del dicembre 1999 (dopo 4 settimane di dibattimento e oltre 70 testi ascoltati), ben 32 anni dopo la morte del leader nero. La moglie Coretta Scott King ha dichiarato: «Abbiamo fatto tutto quello che era in nostro potere per portare alla luce la verità, e ora anche i media e i membri della comunità politica dovrebbero fare la loro parte per diffondere queste rivelazioni al più largo pubblico». Il suo appello cadde nel vuoto e oggi trovate ben poche tracce di notizie su quella sentenza.

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