E se con il cancro si potesse convivere?
La domanda suona provocatoria, ma la risposta è affascinante: sì.
Volete le prove?
Durante l'8° Congresso nazionale di medicina omeopatica di Verona (1), tenutosi nel novembre 2008, sono stati presentati i risultati di autopsie eseguite in Svizzera su cadaveri di persone morte non per malattia – per esempio, in un incidente stradale – e il loro esito ha comprovato che molte di loro avevano uno o più tumori, ma non sapevano di averli. In questa specifica indagine è risultato qualcosa di sconvolgente:
Il 38% delle donne (tra i 40 e 50 anni) presentavano un tumore (in situ) al seno;
Il 48% degli uomini sopra i 50 anni presentavano un tumore (in situ) alla prostata;
Il 100% delle donne e uomini sopra i 50 anni presentavano un tumore (in situ) alla tiroide.
Con tumore in situ s’intende un tumore chiuso, chiuso nella sua capsula, non invasivo che può rimanere in questo stadio per molto tempo e anche regredire.
Che di tumore si può anche non morire, lo conferma anche lo psicologo clinico e sociale Luigi De Marchi, autore di numerosi saggi conosciuti a livello internazionale: «Non è una rarità che, nelle autopsie sui cadaveri di vecchi contadini delle nostre valli più sperdute, ho trovato tumori regrediti e neutralizzati naturalmente dall’organismo: era tutta gente che era guarita da sola del suo tumore ed era poi morta per altre cause, del tutto indipendenti dalla patologia tumorale».
afferma: «Se la tanto conclamata diffusione delle patologie cancerose negli ultimi decenni in tutto l’Occidente avanzato fosse solo un’illusione ottica, prodotta dalla diffusione delle diagnosi precoci di tumori che un tempo passavano inosservati e regredivano naturalmente? E se il tanto conclamato incremento della mortalità da cancro fosse solo il risultato sia dell’angoscia di morte prodotta dalle diagnosi precoci e dal clima terrorizzante degli ospedali, sia della debilitazione e intossicazione del paziente prodotte dalle terapie invasive, traumatizzanti e tossiche della Medicina ufficiale? Insomma, se fosse il risultato del blocco che l’angoscia della diagnosi e i danni delle terapie impongono ai processi naturali di regressione e guarigione dei tumori?».
Di certo, sappiamo che nel corso della vita è “normale“ sviluppare tumori, la stessa Medicina sa bene che sono migliaia le cellule tumorali prodotte ogni giorno dall’organismo. Queste, poi, vengono distrutte e/o fagocitate dal Sistema Immunitario, se l’organismo funziona correttamente.
Molti tumori possono addirittura regredire, se la nostra energia vitale risanatrice (la Vis Medicratix Naturae) è libera di agire.
Ma cosa succede al meccanismo vitale di autoguarigione, se dopo una diagnosi di cancro la vita viene letteralmente sconvolta dalla notizia del male? Succede che viene data forza alla malattia piuttosto che alla possibilità di guarigione. E siccome la Fisica Quantistica ci insegna che l'osservatore cambia l'osservato e che la nostra realtà dipende dalla “possibilità” che scegliamo all'interno del campo, ecco che il tumore ne esce rafforzato.
Inoltre, a livello biochimico, non bisogna dimenticarsi che la chemioterapia distrugge tutte le cellule che si duplicano velocemente, come quelle cancerose, ma anche come quelle del sistema immunitario. Ecco che quindi la chemio elimina sì le cellule malate, ma anche quelle che dovrebbero farci guarire. Infatti, nei migliori dei casi, la chemio potrà contrastare l'80% del tumore, e il restante 20% sarà debellato sempre e solo dal nostro organismo. Sottoporsi a una seduta di chemio non è quindi sempre così vantaggioso, soprattutto alla luce del fatto che oggi è risaputo che i chemioterapici sono loro stessi concausa nello sviluppo dei tumori.
Qualche esempio?
Una vasta ricerca condotta per 23 anni dal prof. Hardin B. Jones, fisiologo dell’Università della California, oltre a denunciare l’uso di statistiche falsate, provò che i malati di tumore che NON si sottopongono alle tre terapie canoniche (chemio, radio e chirurgia) sopravvivono più a lungo o almeno quanto coloro che ricevono queste terapie. (3)
Il prof. Jones ha dimostrato che le donne malate di cancro alla mammella che hanno rifiutato le terapie convenzionali hanno mostrato una sopravvivenza media di 12 anni e mezzo, quattro volte superiore a quella di 3 anni raggiunta da coloro che si sono invece sottoposte alle cure complete. (4)
Un’altra ricerca pubblicata su The Lancet del 13/12/1975 (che riguarda 188 pazienti affetti da carcinoma inoperabile ai bronchi), dimostra che la vita media di quelli trattati con chemioterapia è stata di 75 giorni, mentre quelli che non ricevettero alcun trattamento ebbero una sopravvivenza media di 120 giorni. (5)
Su questo blog, non vogliamo spingervi a rifiutare di sottoporvi agli esami, agli screening e ai trattamenti oncologici ufficiali, ma intendiamo fornire semplicemente delle informazioni che normalmente vengono oscurate, e che invece potrebbero aiutare la scelta terapeutica di una persona.
Va sottolineato, infatti, che gli studi parlano di tumori “in situ”, cioé senza metastasi. Se il tumore è localizzato, il sistema immunitario del nostro corpo ha ancora tutte le risorse per poterlo controllare, farlo regredire o addirittura debellare del tutto. Questo perché le cellule impazzite del cancro sono semplicemente cellule che hanno ricevuto un errore informazionale e che, quindi, hanno smesso di funzionare correttamente. Dando loro le giuste informazioni, esse possono ristabilire la loro corretta funzionalità. La nostra forza vitale opera esattamente in questo modo: corregge gli errori informazionali che il nostro corpo riceve quando è sottoposto quotidianamente a diversi tipi di stress.
Il Dr. Marco Fincati, ideatore del Metodo RQI, parte proprio da questi principi per ripristinare nel corpo i corretti flussi di energia, attraverso tre soluzioni che affrontano i tre livelli della nostra persona (materia, energia e spirito) e che debellano i diversi tipi di stress (squilibri dei cinque elementi, tossine, elettrosmog, stress emotivo) che, più o meno consapevolmente, rischiamo di subire.
«Ogni cellula malata è una cellula che non riceve amore. Infatti, in situazioni di stress, il nostro corpo attiva il sistema simpatico, un meccanismo di protezione. È la paura che attiva il nostro sistema simpatico. Spesso, nella società moderna, a causa di paure generate da credenze limitanti, lo attiviamo più del necessario. In questo modo, inibiamo il sistema parasimpatico che, al contrario, è il meccanismo di crescita e sviluppo del nostro corpo che ci permette di rimanere sempre in uno stato di perfetto equilibrio e benessere. Quando siamo in parasimpatico siamo in amore e le nostre cellule ricevono tutte le giuste informazioni per mantenersi in buona salute».
Come la psicologia, le malattie psicosomatiche e le guarigioni spontanee confermano, tutti i comandi che il nostro copro riceve partono dalla nostra mente. Ma non da quella conscia: il 95% è infatti controllato dal nostro subconscio. Il problema, è che oggi facciamo fatica a mettere in comunicazione tra loro i nostri due pensieri, conscio e inconscio. Il Metodo RQI, attraverso un approccio scientifico e test kinesiologici, ci insegna a comunicare con l'inconscio e a diventare consapevoli dei meccanismi che sostengono la nostra vita.
Fonti:
(1) Conferenza “Medicalizzazione della vita e comunicazione sanitaria” del Dottor Gianfranco Domenighetti – già Direttore sanitario del Canton Ticino – tenuta il 22 novembre 2008 al VIII° Congresso nazionale di medicina omeopatica di Verona.
(2) Medicina kaput col mito del placebo?, Luigi De Marchi
www.luigidemarchi.it/innovazioni/educazione/articoli/01_medicinakaput.html
(3) “Il tradimento della medicina”, Alberto Mondini
(4) Idem
(5) Idem